PANORAMICA DEI BISOGNI SPECIFICI DI BAMBINI E BAMBINE CON DISABILITÀ VISIVA NELLO SPORT
La disabilità visiva è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 2023) come una diminuzione o una limitazione dell’acuità visiva e/o del campo visivo.
Dal punto di vista legale, si definisce non vedente una persona la cui visione, anche con un ausilio visivo, come gli occhiali, è pari o inferiore a 20/200 nell’occhio che vede meglio. Inoltre, le persone con una vista compresa tra 20/70 e 20/200 sono definite ipovedenti (Lee, Gurnani, Mesfin, 2025). Le stime indicano che 217 milioni di persone nel mondo hanno una disabilità visiva da moderata a grave e circa 36 milioni sono cieche (Oleszkiewicz, Pisanski, Sorokowska, 2017).
Per saperne di più, leggi il nostro Manuale di Buone Pratiche per Coinvolgere Bambini e Bambine con Disabilità Visiva nelle Attività Sportive.
Bambini e bambine con disabilità visive spesso incontrano ostacoli significativi nella partecipazione all’attività fisica e allo sport. Queste difficoltà possono portare all’isolamento sociale, a uno sviluppo fisico ridotto e a un maggior rischio di esclusione dalle attività di gruppo.
Sebbene siano state introdotte diverse iniziative per promuovere l’inclusione attraverso l’educazione fisica adattativa e programmi specifici per lo sport, manca ancora una ricerca esaustiva che ne valuti l’impatto, soprattutto alla luce dei cambiamenti apportati dalla pandemia COVID-19.
Uno studio condotto da Alcaraz-Rodríguez V et al. (2021) mirava a fornire prove sostanziali riguardo le caratteristiche e l’efficacia dei programmi progettati per includere le persone con disabilità visive nelle attività fisiche e sportive, evidenziando l’urgente necessità di condividere le conoscenze in questo campo. I risultati principali hanno rivelato che questi programmi migliorano la percezione di sé delle persone con disabilità, promuovono le abilità sociali e la salute e aumentano il valore sociale di queste persone all’interno delle loro comunità.
Le conclusioni hanno evidenziato la necessità di una formazione specializzata, l’importanza dell’inclusione sociale e il coinvolgimento attivo delle persone con disabilità visiva nel loro ambiente, nonché l’aumento dei loro livelli di attività fisica.
I pregiudizi più comuni su bambini e bambine con disabilità visiva nello sport
“I bambini e le bambine con disabilità visiva non possono fare sport… vero?”
Una delle barriere più persistenti è l’idea errata che bambine e bambini ciechi o ipovedenti non possano praticare sport. Questa convinzione spesso deriva da una mancanza di conoscenze e informazioni piuttosto che da limitazioni reali.
Altri pregiudizi comuni sono:
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Hanno una coordinazione limitata e quindi non possono gareggiare. Le persone con disabilità visive spesso devono affrontare problemi di coordinazione di vario grado che influiscono sulla loro capacità di praticare sport. È stato condotto uno studio (Rutkowska, I., et al., 2016) per valutare la coordinazione bilaterale in bambini, bambine e adolescenti con disabilità visiva di età compresa tra i 7 e i 18 anni, rispetto ai loro coetanei vedenti. La ricerca mirava anche a esaminare la potenziale influenza del genere e dell’età sulla coordinazione. I risultati hanno mostrato che una significativa disabilità visiva e la completa assenza di input visivi hanno avuto un impatto negativo sullo sviluppo della coordinazione bilaterale. Tuttavia, non sono state riscontrate differenze significative in base al genere o all’età.
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Sviluppano automaticamente capacità di compensazione, come l’aumento dell’udito o della consapevolezza spaziale. La mancanza di esperienza visiva può portare a una compensazione sensoriale o a una mancata calibrazione, a seconda della natura del compito cognitivo richiesto. In particolare, le persone con disabilità visiva possono mostrare capacità percettive e cognitive pari o addirittura superiori a quelle delle persone vedenti, facendo maggiore affidamento sui sensi rimanenti. Ciò supporta l’ipotesi “compensatoria” della neuroplasticità. Se questi comportamenti adattivi sono strettamente legati a cambiamenti nella struttura e nella funzione del cervello, allora l’evidenza di maggiori cambiamenti morfologici, come un maggiore volume della materia grigia o un’ipertrofia strutturale, e di una maggiore connettività, comprese le proiezioni della materia bianca e la connettività funzionale, può indicare un’elaborazione più efficiente e ben organizzata sia all’interno delle regioni cerebrali sia tra di esse. Da questo punto di vista, la neuroplasticità è vista come un miglioramento della coordinazione tra i sistemi funzionali, che porta a una migliore esecuzione dei compiti. D’altro canto, una diminuzione delle capacità percettive o l’assenza di meccanismi di compensazione sosterrebbero l’ipotesi di una “perdita generale” (Bauer, CM., et al., 2017).
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Lo sport può essere svolto solo a livello agonistico, invece di concentrarsi sul divertimento, sulla salute o sullo sviluppo delle abilità.
In realtà, i bambini e le bambine con disabilità visiva possono partecipare a un’ampia gamma di sport e attività fisiche, soprattutto quando queste attività sono adeguatamente adattate.
La partecipazione non solo migliora le capacità fisiche, ma promuove anche la resilienza emotiva, l’indipendenza e un più forte senso di identità e appartenenza.
Sentirsi dire “puoi” invece di “non puoi” può essere un potente motivatore. Ogni piccolo successo contribuisce a creare fiducia e a rafforzare la fiducia del bambino e della bambina nelle proprie potenzialità.
Ci sono molti modi per adattare gli sport per bambini e bambine con disabilità visive.
I programmi sportivi e di educazione fisica possono essere modificati in modo semplice ma efficace per includere bambini e bambine con disabilità visive:
- Utilizzare attrezzature specializzate e strumenti uditivi, come palline con campanelli all’interno.
- Sostituire le palle standard con opzioni dai colori vivaci e ad alto contrasto.
- Segnalare i confini del campo o del terreno di gioco con un nastro ad alto contrasto per una maggiore visibilità.
- Introdurre attività non competitive come lo yoga o la danza che si concentrano sul movimento e sul ritmo.
- Utilizzare guide vedenti per camminare o correre, attraverso la comunicazione verbale o il cordino (tether).
- Creare percorsi a ostacoli ricchi di sensori utilizzando materiali sicuri come tubi da piscina, superfici tattili e tunnel.
Con modifiche ragionate e pratiche inclusive, lo sport può diventare uno strumento di trasformazione per bambini e bambine con disabilità visiva, favorendo non solo il loro sviluppo fisico, ma anche la loro crescita sociale, emotiva e cognitiva.
Per saperne di più: Guide Dogs, Physical Education and sport for children with low vision or blindness (“Educazione fisica e sport per bambine e bambini ciechi o ipovedenti”).